Pubblicato da: thinkingbox | 6 dicembre 2012

Lampadine deprimenti

Non si capisce bene perche’, ma il Canada proietta di se’ l’immagine di un paese che ha a cura l’ambiente. Niente potrebbe essere piu’ lontano dal vero. Mentre in media i Canadesi sono forse un poco piu’ attenti degli Americani, paragonati alla maggior parte degli Europei sono indietro anni luce.

Il fatto di avere un paese sterminato, in larga parte incontaminato, e un rapporto molto stretto con la natura non significa assolutamente che si sia sviluppata anche una coscienza ecologista. Al contrario, spesso l’abbondanza di una risorsa porta a un sovrautilizzo selvaggio e sconsiderato. Per non parlare del fatto che tradizionalmente il Canada e’ un paese che fa dello sfruttamento delle risorse naturali una delle piu’ importanti voci dell’industria nazionale. E poi ci sono le sabbie bituminose, uno dei modi piu’ controversi che ci sia per estrarre petrolio, sempre piu’ in voga grazie al fatto che gli elevati costi di estrazione ovviamente costituiscono sempre di meno un deterrente con prezzi del barile cosi’ elevati.

La situazione e’ un po’ deprimente. La scuola si sforza molto di far passare un messaggio diverso, piu’ coscienzioso e rispettoso dell’ambiente, ma dev’essere uno sforzo relativamente recente, perche’ nessuno sopra i 30 anni sembra minimamente interessato al tema. Ad esempio, ieri in ufficio abbiamo cambiato un paio di lampadine e nonostante le mie lamentele dove pensate che siano finite quelle vecchie? Nella spazzatura ovviamente. Ora, mi rendo conto che le lampadine a incandescenza non contengono materiali pericolosi e che c’e’ ben poco da riciclare, ma sbaglio o ben pochi in Europa prenderebbero in considerazione l’idea di gettarle semplicemente nella monnezza?

Altri esempi, cosi’ a caso:

  • il consumo medio di elettricita’ di una casa canadese e’ quasi triplo rispetto all’equivalente europeo => non ho idea di quale sia il limite del mio contatore standard, ma non mi stupirei per nulla se fosse 15 KWh o se non ci fosse del tutto; ad esempio, non avrei nessuna difficolta’ a far andare contemporaneamente condizionatore, aspirapolvere, asciugatrice, lavatrice, lavastoviglie, forno elettrico, 4 o 5 computer, microonde e anche un asciugacapelli (tanto per gradire);
  • nessun Canadese sano di mente e in possesso di una casa si degnerebbe di rinunciare all’asciugatrice (anche se un po’ d’inverno si capisce, per ovvi motivi);
  • quando ho preso possesso della mia casa ho dato un occhio al termostato e ho constatato come chi ci viveva prima avesse impostato una temperatura invernale (24C) superiore a quella estiva (20C) => geniale, vero?
Pubblicato da: thinkingbox | 4 novembre 2012

Elezioni e vampiri

Dopo almeno 2 anni di strazio finalmente martedì arriva il voto degli Americani. Ecchemmenefregamme? Beh, al di la’ di considerazioni piu’ o meno etiche il Canada e’ ovviamente molto influenzato dalle politiche americane. I presidenti democratici sono tipicamente piu’ protezionisti di quelli repubblicani, il che di solito significa meno lavoro per le aziende canadesi, anche se in realta’ la cosa e’ relativa. Non poche aziende petrolifere a Calgary fanno ovviamente il tifo per Romney, nella speranza che vincendo le elezioni faccia ripartire il progetto della pipeline bloccato da Obama. Detto cio’, la stragrande maggioranza dei Canadesi e’ inorridita da Romney e voterebbe decisamente Obama, anche tra i conservatori. Ma si sa che i Canadesi sono dei socialisti come gli Europei. Pinkos si direbbe qui in tono spregiativo.

Com’e’ andra’ a finire? Veramente dura fare previsioni, anche perche’ tutti i discorsi sul voto popolare che mostrano un numero per Romney e uno per Obama non hanno alcun senso: quello che conta sono i voti elettorali negli stati chiave. In pratica, si potrebbe anche smettere di votare sulle coste e nella Bible Belt: li’ e’ chiarissimo chi vincera’. La presidenza si fara’ in Florida, Ohio e pochi altri stati. Il New York Times ha pubblicato questo fantastico infographic interattivo che fa capire bene il meccanismo.

Halloween e’ arrivato e passato, un po’ come Sandy. L’uragano e’ riuscito a fare un morto a Toronto, una povera crista che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato: sotto a un cartellone pubblicitario scardinato dal vento, che cadendole sulla testa l’ha uccisa sul colpo. Per il resto freddo, pioggia e un tempo schifido.

In compenso, in modo totalmente scollegato ad Halloween, mi sono imbattuto in un film svedese sulla storia di una specie di vampira ragazzina (che ragazzina non e’, ma di piu’ non diro’): Let the Right One In

In generale non amo le storie di vampiri, ma questa merita veramente, e il vampirismo e’ una scusa per parlare di altro. Vederlo in svedese con sottotitoli in inglese poi acuisce il senso di straniamento e di fascinazione. Lo raccomando senz’altro, soprattutto a chi, come me, non e’ appassionato di film horror.

Pubblicato da: thinkingbox | 27 ottobre 2012

Il Darth Vader degli occhiali

Qualche settimana fa 60 Minutes ha pubblicato un servizio su Luxottica che vi raccomando di vedere.

Alcuni elementi interessanti:

  • Altro che Marchionne, quanto ad abilita’ e pelo sullo stomaco Guerra, amministratore delegato di Luxottica, chiaramente non e’ secondo nemmeno a Darth Vader. Mi sembra geniale l’idea di levare Ray Ban dal mercato per 1 anno per far riacquistare valore al brand.
  • Da un certo punto di vista fa piacere vedere per una volta un’azienda italiana che ha successo a livello globale tanto da assumere una posizione dominante sui mercati, ma mi chiedo quando qualcuno inizierà a guardarci dentro e quando qualcuno si chiedera’ se di abuso non si tratti, piu’ che altro perche’ i prezzi delle montature sono assurdamente alti.
  • Mamma quanto je rode agli americani di aver perso il marchio Ray Ban. Ci sarebbe stato un servizio di 60 Minutes se Ray Ban non avesse un valore simbolico per molti Americani?
  • Una volta di piu’ 60 Minutes dimostra come si fa giornalismo, con domande che se non scomode non possono essere interessanti. Quando hai davanti un papavero di un’azienda (non Guerra, ma l’americano di una controllata di Luxottica) e gli fai una domanda imbarazzante che vuole una risposta si’/no e quello non risponde gli dici: “Non mi hai risposto. La domanda era…”. E quando questo ancora non risponde “traduci” la sua risposta (era un “no” in questo caso, LensCrafters, posseduta da Luxottica, non offre uno sconto sugli occhiali prodotti dalla casa di Agordo, nonostante ne abbia la possibilita’ visto che della stessa azienda si tratta).
Pubblicato da: thinkingbox | 22 ottobre 2012

2%

Riporto un commento che ho ricevuto in forma piu’ o meno privata al mio post precedente:

La densità. Sono ossessionato dal fatto che siamo in troppi e tutti vogliamo mangiare dalla stessa greppia. L’Europa produce troppo di tutto, comprese le case. Non c’e’ più spazio per nulla. Figuriamoci per reinventarsi. Infatti chi lo fa va in Asia, in sud America o nel nord della Norvegia ma sa che se volesse poi tornare non troverebbe più lo spazio che ha lasciato. Sarebbe letteralmente un DROPOUT.

Intanto mi tocco e spero che le cose non stiano proprio cosi’, non si sa mai,  e poi mi sembra che in realta’ la situazione sia un po’ piu’ complessa.

Da una parte c’e’ un bisogno: un’azienda X che ha bisogno di assumere una persona per fare un certo lavoro che richiede una professionalita’ relativamente elevata. Da un’altra un plotone di candidati, a diverso titolo piu’ o meno qualificati. Cosa succede in Canada?

Intanto non puoi fare domande personali al candidato, per cui se hai di fronte una donna non puoi chiedere se ha figli o se e’ sposata. La cosa e’ presa molto seriamente e influenza sia come la gente scrive il curriculum che come poi viene intervistata. Ad esempio, io non posso mettere un annuncio per un “neo-laureato”, ma posso indicare in linea di massima un numero di anni di esperienza => a volte nei curriculum non c’e’ nemmeno l’anno della laurea e fare una domanda del genere e’ al limite della causa civile. Non solo: la laurea conta relativamente e se una persona non e’ laureata ma ha un’esperienza equivalente, e’ assolutamente lo stesso. Praticamente la laurea non ha valore legale se non per particolari professioni (e.g.: per fare il medico devi avere una laurea in medicina). Viceversa, in presenza di una laurea pesa molto da quale universita’ uno provenga. Devo ammettere che la cosa ha un senso.

Inoltre, non e’ possibile nemmeno chiedere il sesso di una persona (nel caso in cui non fosse evidente). Non e’ possibile chiedere quanti anni hai e nessun curriculum riporta la data di nascita. Non solo: mai nel corso della vita lavorativa ti possono essere chieste queste informazioni. In compenso, non c’e’ niente di male se per certe professioni ti viene richiesto un test tossicologico per verificare che tu non assuma sostanze psicotrope regolarmente. 🙂

Quando uno ha a che fare con un immigrato non puo’ chiedergli la nazionalita’: l’unica cosa che conta e’ avere uno status in regola per lavorare in Canada, ma poi oltre quello non si puo’ andare. E in certe professioni, come nello sviluppo del software, la maggioranza delle persone che ci lavorano non e’ nata in Canada e parla con un accento piu’ o meno forte. Nessuno ci fa piu’ caso, basta riuscire a comunicare in modo efficace.

Queste regole sono tutt’altro che una facciata. Io stesso, tarato culturalmente sull’Italia, ho dovuto eliminare alcuni elementi/considerazioni/domande dai miei colloqui, anche se magari erano solo per iniziare la conversazione e non certo per discriminare in base alle risposte.

Veniamo al caso specifico di SP. Vista la distanza, ha fatto tutti i colloqui remotamente, tramite Skype (per cui ci siamo visti sin dal primo momento). Anche tutti i nostri corposi test tecnici sono stati condotti remotamente, condividendo il desktop di un computer attraverso VNC. Alla fine abbiamo fatto un’offerta a SP e gli abbiamo pagato un viaggio per venire a trovarci, firmare e finalmente conoscerci di persona. Su un pool totale di quasi 200 candidati abbiamo fatto 4 offerte di lavoro, 2 rifiutate e 2 accettate, piu’ o meno in linea con la mia esperienza da entrambi i lati dell’oceano. Dico questo per spiegare che non abbiamo assunto SP per un atto di bonta’, ma perche’ era il migliore, meglio di gente dietro l’angolo e con una storia meno strana. Mi e’ stato detto che sono ben poche le aziende disponibili a fare quello che facciamo noi, ma nessuno si e’ stracciato le vesti: ci siamo basati su dati piu’ o meno oggettivi anziche’ su sospetti bislacchi e considerazioni conformiste.

Poi vedo la vicenda del parroco che ha osato non usare la forma giusta con il prefetto e mi cascano le braccia. Di idioti arroganti ce n’e’ anche da questa parte dell’oceano, ma di li’ mi sembra che ormai siate oltre livelli accettabili. Non accettate piu’ niente.

Tornando a bomba, quindi e’ questo il famoso pragmatismo anglosassone, o no? In realta’, non ne ho la piu’ pallida idea: mi sembra semplicemente buon senso. Quello che mi sembra incredibile e incomprensibile e’ il contrario: il pregiudizio, il sottostare a un formalismo inefficiente che non ha piu’ senso e motivo di essere. Notare che il mio non e’ di certo un punto di vista morale e virtuoso: nei fatti una societa’ moderna non si puo’ piu’ permettere baggianate di questo tipo se vuole sopravvivere in modo efficiente.

Alla fin fine credo che gran parte di questo atteggiamento derivi dalle origini delle societa’ anglosassoni costruite fuori dall’Inghilterra: fondamentalmente basate sulla tolleranza religiosa e costituite da persone che nei secoli sono sfuggite a persecuzioni religiose in Europa. Ho il sospetto che questo germe iniziale abbia poi messo in movimento un meccanismo che ancora oggi nel bene e nel male funziona o che comunque ha segnato fortemente alcune regole non scritte alla base di queste societa’.

Pubblicato da: thinkingbox | 19 ottobre 2012

Cosa ci fa un programmatore pastore anglicano in mezzo alla prateria?

Questa settimana SP ha iniziato a lavorare da noi. La sua storia e’ veramente bislacca e interessante:

  • Ha iniziato una carriera da ricercatore universitario nel mondo del software negli anni ’90
  • All’inizio del nuovo millennio ha lasciato l’accademia per fare il programmatore
  • Dopo 3 anni e’ entrato in crisi e ha occupato un’oscura posizione burocratica legata al bilinguismo presso un’organizzazione sanitaria
  • In parallelo e’ tornato all’universita’, ma questa volta studi teologici
  • Dal 2007 ad oggi ha fatto il pastore anglicano in un paesino sperduto in mezzo al Saskatchewan, a 4 ore di macchina dalla citta’ piu’ vicina
  • Dopo 3 anni con la stessa chiesa si e’ rotto, sia della chiesa che del paesino che del Saskatchewan e ha deciso di rimettersi a fare il programmatore a Toronto

Io la trovo una storia fantastica, una capacita’ di rimettersi in gioco senza fine. Credo che molto pesi il fatto che 14 mesi fa e’ nata una bambina e che forse SP e moglie non vedevano grandi sbocchi per lei nella vita che stava facendo, ma gia’ dai primi discorsi carpiti a pranzo sembra chiaro che ormai il paesino stava stretto anche a mamma e papa’.

Non e’ la prima storia di questo tipo che sento da queste parti. Il mio vecchio padrone di casa, ad esempio, gia’ cinquantenne e analista finanziario con una posizione relativamente agiata, un giorno si stufa, si licenzia, torna all’universita’ per 2 anni a fare landscaping e cambia completamente carriera. Una cosa del genere sarebbe completamente inimmaginabile in Italia, non solo adesso, ma anche in tempi in cui di crisi ce n’era un decimo.

Che cosa rende tutto cio’ possibile qui e impossibile li’?

Pubblicato da: thinkingbox | 14 ottobre 2012

John Wayne e la tubatura rotta

Giornata strana: calda (20 gradi), assolutamente grigia, piovosa a tratti. Abbiamo fatto una passeggiata piu’ per il caldo che altro.

Si e’ rotta una tubatura dell’acqua nel complesso e hanno tolto l’acqua a 2/3 delle case, inclusa la nostra: S. ha fatto appena in tempo a fare un po’ di provvista che i rubinetti si sono prosciugati. Poco prima della passeggiata ho fatto un giro per parlare con gli operai che stavano lavorandoci sopra, piu’ che altro per assicurarmi che ci fosse una soluzione in vista. Con fare da John Wayne mi hanno detto che il problema sarebbe stato senz’altro risolto in serata e che loro non hanno mai lasciato una tubatura a cielo aperto una volta iniziato il lavoro (un po’ come il samurai che una volta sfoderata la spada la deve bagnare nel sangue). Rincuorato me ne sono andato, ma verso sera i dubbi sono tornati, assieme con l’ansia di riuscire a farmi una doccia domani mattina. E poi, come d’incanto, alle 20:30 e’ tornata l’acqua! Una specie di miracolo. S. e io abbiamo passato l’ora successiva a pulire roba piu’ dell’olandesina, tra piatti, pentole, mutande e pantaloni…

Pubblicato da: thinkingbox | 13 ottobre 2012

La cascata delle palle

Quella schifezza della GUI di wordpress si e’ mangiata il mio post, per cui mo’ lo riscrivo.

Allora innanzitutto il giorno di Thanksgiving siamo andati a Ball’s Falls, cioè le cascate della palla (ma invertendo il caso suona meglio, vedi titolo). Giornata medio-grigia e abbastanza fredda, anche se il posto non e’ male e la compagnia era piacevole. Avevo provato a convincere amici e famiglia ad andare sullo Huron, ma ogni anno mi va male e tutti sono spaventati dalla distanza. In compenso Ball’s Falls e’ a un’ora di macchina, in una zona rurale. Dopo la 97esima bancarella siamo scappati, mentre i nostri amici si sono fermati e hanno comprato regali di Natale. C’era roba molto bella, ma anche terribilmente cara: ad esempio, ho visto delle ciotolone di legno immense fresate a mano da tronchi immensi per la modica cifra di $500.

In settimana e’ riaperto il mio spacciatore preferito di caffe’, Le Gourmand (che a scapito del nome all’interno e’ tutta una parata di prodotti italiani), dopo l’ennesima e inspiegabile chiusura per 1 mese. Non si capisce se hanno finito i soldi o cos’altro. Mistero. Comunque Le Gourmand rimane il migliore sia in termini di caffe’ che di paste/brioches assortite (l’apple danish e’ di gran lunga il mio preferito).

Vi lascio con un bel time-lapse di Toronto.

Pubblicato da: thinkingbox | 7 aprile 2012

Case meravigliose e orride

Oggi e’ una di quelle giornate perfette per fare una passeggiata: 12C, sole, cielo cosi’ blu che piu’ di cosi’ non e’ possibile. E’ Venerdi Santo e quindi e’ festa. Stranamente e’ quasi tutto chiuso (ma un supermercato porcellino dove fare un poco di spesa lo troviamo) e quindi l’andamento e’ lento.
Piu’ o meno riusciamo a convincere i bambini a fare una passeggiata, per cosi’ dire. Io ho i miei giri preferiti qui nel vicinato, e uso il miraggio di un gelato come merce di scambio. Sono un corruttore di minorenni.
L’andata e’ piu’ o meno diretta verso il gelataio, che si chiama “Two scoops”, cioe’ letteralmente “Due cucchiaiate”, ma il ritorno e’ una deviazione continua per vie residenziali. Sono affascinato dallo sfarzo di certe case, sicuramente multimilionarie. E’ una fascinazione strana, un misto di ammirazione del bello, degli spazi, dei materiali, delle forme architettoniche. E poi c’e’ il gusto dell’orrido: alcune case sono troppo pretenziose, con colonne in stile vittoriano, o forme improponibili. C’e’ una casa ipermoderna con pretese artistiche dove vediamo da una vetrata una specie di modello di soldatino a grandezza naturale: ha le fattezze di un soldatino di plastica, quelli monocolore che mi piacevano tanto quando ero un bambino, pero’ e’ alto un metro e ottanta, piu’ o meno.

S. e’ complessivamente disgustata dallo spreco, dall’immoralita’ della cosa. Le chiedo: “Ma dove tracci il confine? Che cosa e’ sfarzo immorale e cosa e’ agio”. La risposta e’ geniale: “Non lo so, ma di certo il confine e’ molto prima di arrivare a queste case”. Lo so che ha ragione, ma sarei disonesto se non riconoscessi il desiderio in me.
Viceversa le macchine non mi fanno ne’ caldo ne’ freddo. Non ho mai capito quelli che si comprano una macchina da centomila dollari: io la venderei subito e utilizzerei il capitale per fare altro. Ma forse e’ tutto relativo: casa multimilionaria, macchina sportiva lussuosa, ecc. A. e’ indubbiamente affascinato dalle cabrio.
Mi viene in mente un viaggio di lavoro fatto con un collega piu’ di dieci anni fa, a San Francisco: in una giornata buca abbiamo affittato una Sebring cabrio e ci siamo fatti un giro. Lo scherzo tra noi e’ che sembravamo due gay intenti a fare l’ultima vacanza assieme perche’ uno dei due stava morendo di AIDS. Ok, lo scherzo e’ un po’ pesantuccio, ne convengo. Chissa’ che fine ha fatto M.F.? In quel viaggio abbiamo mangiato un burrito favoloso in un posto orrido in mezzo al nulla, il che mi riporta a un burrito piu’ che discreto che abbiamo preso dai Burrito Boys questa sera. E’ buffo come anni dopo io sia finito a comprarmi proprio una Sebring, non cabrio, che e’ per certi versi la quintessenza della macchina familiare. A. sarebbe tutto gasato se avessimo una cabrio.

Pubblicato da: thinkingbox | 4 marzo 2012

C’ho l’anca sbilenca

Premessa: ho un problema all’anca, un dolorino vecchio che si e’ riacutizzato e non riesco piu’ a fare la cyclette. Qualche anno fa sono stato in cura con un ortopedico sportivo che lavora alla clinica dello sport dell’universita’ di Toronto. E’ molto bravo, ha un bell’approccio e lavora con fisioterapisti in gamba. Visto che il Canada e’ un paese caratterizzato da sanita’ in stile socialista, non e’ possibile avere visite private di nessun tipo, eccezion fatta per dentisti e oculisti: tutto il resto e’ assolutamente gratuito e passato dalla provincia di competenza, ma ovviamente regolato in modo rigido. Quindi ad esempio chiamo l’ortopedico e una segretaria mi dice che non mi puo’ fissare un appuntamento perche’ il mio referral e’ troppo vecchio. Cos’e’ il referral? E’ di fatto un’impegnativa del mio medico che dice all’ortopedico che io ho effettivamente qualcosa e mi prenota una visita. Da li’ in poi vedi l’ortopedico tutte le volte che serve almeno per un anno, ma dopo un po’ scade. La mia ultima visita con l’ortopedico risale al 2008.

Allora verso meta’ gennaio chiamo la mia dottoressa, ma come al solito non riesco a parlare con lei, ma con l’inflessibile Maria, cioe’ la sua segretaria, credo di origine filippina, malleabile e comprensiva come una lastra di marmo. Le dico che mi serve solo un’impegnativa, ma Maria non ci sente: devo fissare un appuntamento. Ok, cedo, so che non ho speranza: quando mi puo’ vedere la dottoressa? Risposta: dopo 3 settimane, sta partendo per una settimana di ferie. Rimpiango il mio medico della mutua in Italia, il quale lavora come una bestia, e’ in gamba e basta presentarsi in ambulatorio senza appuntamento. A volte mi preparava persino quello che mi serviva con una semplice telefonata.

Vabbeh, mi lamento in ufficio insultando la sanita’ canadese a gran voce e una collega mi fa notare che posso andare in una walk-in clinic, no? Ma certo, come ho fatto a non pensarci?!? Le walk-in clinic sono degli studi dove lavorano da 2 a N medici (con N che puo’ tranquillamente essere 20 per quelle piu’ grandi), che sono convenzionate con la provincia, per cui chiunque puo’ andarci e ricevere cure senza pagare nulla. Non solo: se non hai la OHIP (la tessera della mutua dell’Ontario), almeno alla walk-in clinic una visita per $30 te la fanno sempre. Quindi le walk-in clinic sono una specie di cuscino tra i medici di famiglia e il pronto soccorso o in generale l’ospedale. E ovviamente i medici fanno referral validi a tutti gli effetti!

Gongolante vado in una walk-in clinic non lontana da qui, entro, mi prendono i dati, manco mi siedo, uno dei dottori mi visita immediatamente, il che di fatto e’ un semplice colloquio in cui gli spiego la situazione. Dopo circa 15 minuti esco con il mio referral in mano e senza aver speso nulla.

Mando il referral via fax alla clinica dello sport e chiamo subito dopo: purtroppo mi fissano un appuntamento per il 29 febbraio, il mio ortopedico c’e’ solo di mercoledi’ e ha un sacco di visite in arretrato.

Piu’ o meno ogni martedi’ provo a chiamare per sapere se qualcuno ha cancellato il proprio appuntamento, in modo tale da poter prendere il suo posto, ma niente da fare. Arriva il 29. La clinica apre alle 7, il mio appuntamento e’ alle 9. Il dottore mi visita, dice che pensa sia un problema cartilagineo o muscolare, ma per sicurezza mi manda a fare dei raggi. Mi mette in mano un foglio e mi dice che posso andare in questo posto non lontano dalla clinica e tornare per controllare i risultati assieme. “Quando?”, gli chiedo. “Oggi”, mi risponde. Sono sempre scioccato da queste cose: di fatto posso andare senza appuntamento, le radiografie vengono messe online in un sistema a cui il dottore puo’ accedere e la cosa finisce li’.

Ho cose da fare in ufficio prima di pranzo, per cui vado a fare le lastre nel pomeriggio. Alle 14:30 sono in un posto un po’ porcellino (il dottore mi aveva avvertito), ma chissenefrega, anche stavolta manco mi siedo in sala d’aspetto, faccio i miei raggi X e via. Spesa zero anche stavolta. Alle 15:30 sono nello studio del dottore di nuovo. Si collega online e le mie radiografie non ci sono. Chiama il centro radiologico, una segretaria gli dice che non ne aveva ancora fatto l’upload e promette di farlo subito. Il dottore attacca la cornetta, fa refresh 2 volte con il browser e la mia anca appare a schermo in tutto il suo splendore. Quei poveri cristi degli americani con la loro sanita’ carissima mi fanno una pena pazzesca.

Pubblicato da: thinkingbox | 24 gennaio 2012

E’bbuio!

 

Casomai aveste dei dubbi vi levo subito dall’impaccio: la vicenda della Costa Concordia fa fare agli Italiani l’ennesima figura di m***a!

Non e’ tanto per via di Schettino, personaggio che sembra uscito da una commedia dell’arte, sul quale vi rimando allo sketch di Crozza, bensi’ per la solita deprimente mancanza di organizzazione italica che e’ venuta fuori con l’evacuazione. Frotte di turisti inglesi e americani che parlano in lungo e in largo tra CNN e BBC del fatto che nessuno sapeva niente, a bordo regnava il panico, l’equipaggio era assente… tristezza!

Comunque, anche qui e’ arrivata l’eco del “vadaabordocazzo” di De Falco. E in qualche modo un minimo di speranza l’ha portata.

Sabato sera S. e io siamo andati a vedere Girl with the dragon tattoo, ovvero la versione holliwoodiana del primo libro di Larsson. Dovevamo vedere The descendants, ma era esaurito, per cui ci siamo adattati. Avevo paura che Larsson a S. non piacesse, ma devo dire che e’ stata una buona scelta di ripiego, anche lei era soddisfatta. Sono curioso di vedere la versione svedese. A parte qualche tecno-minkiata, devo dire che mi e’ piaciuto, bravi attori, ottima regia, relativamente fedele al libro. Non ho potuto fare a meno di notare che Lisbeth ha un anfibio tenuto assieme con il duct tape, esattamente come il mio capo (e su questo scrivero’ in separata sede).

 

Ci mancano sempre un po’ i film europei, e ci riduciamo a vedere le americanate, come dice S. Pero’ devo dire che Girl with the dragon tattoo aveva decisamente un tocco europeo. Craig e’ un Blomkvist credibile (pare che sia pure ingrassato per essere piu’ aderente alla parte del giornalista). Mi e’ venuta voglia di andare a Stoccolma.

A volte abbiamo una “youtube night”, su richiesta di A. La cosa funziona piu’ o meno cosi’: a turno, ognuno di noi puo’ decidere che video musicale vedere/ascoltare su YouTube. Di solito inizia A.
La successione di domenica sera e’ stata:

  • A.: l’ennesimo video di Minecraft, musica appiccicata sul video
  • io: The Church, Under the milky way
  • S.: De Andre’, Dolcenera
  • A.: LMFAO, Party Rock Anthem
  • io: Elio e le storie tese, Born to be Abramo (degna risposta a De Andre’, direi)
  • S.: Le sorelle Bandiera, Fatti piu’ in la’, interrotto dopo poco
    Inti Illimani, El pueblo unido jamas sera vencido
  • A.: un video di Halo, con musica sconosciuta (I need a hero…? di solito seglie i pezzi dei Linkin Park con Halo, ma non stavolta)
  • A. (doppietta): Foo Fighters, Bridge Burning
  • io: Radiohead, Bulletproof (I wish I was)

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